Enciclopedia delle armi - a cura di Edoardo Mori
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Trattato del diritto della caccia - Mezzi di caccia in genere

Si veda anche Armi da caccia e Mezzi di caccia consentiti

Mezzo di caccia è ogni arma, oggetto, strumento, sostanza, idoneo a uccidere, ledere o catturare un selvatico.
Il termine “mezzo di caccia” è usato in modo un po’ confuso nelle seguenti norme della LC.
Art. 12, comma 2: Costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l'impiego dei mezzi di cui all'articolo 13…. Ogni altro modo di abbattimento è vietato, salvo che non avvenga per caso fortuito o per forza maggiore.
Art. 13 (Mezzi per esercizio attività venatoria): Elenca i mezzi consentiti e cioè armi da fuoco, arco e falco.
Art. 13, comma 5: Sono vietati tutte le armi e tutti i mezzi per l'esercizio venatorio non esplicitamente ammessi dal presente articolo.
Art. 28, comma 2: Nei casi previsti dall'articolo 30, gli ufficiali ed agenti che esercitano funzioni di polizia giudiziaria procedono al sequestro delle armi, della fauna selvatica e dei mezzi di caccia, con esclusione del cane e dei richiami vivi autorizzati.
L’art. 21 (Divieti), al comma 1 pone i seguenti divieti:
lett. ff) usare i segugi nella caccia al camoscio;
lett. p): usare richiami vivi, al di fuori dei casi previsti dall'articolo 5;
lett. r) usare a fini di richiamo uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali e richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromagnetico o elettromeccanico, con o senza amplificazione del suono;
lett. u): usare munizione spezzata nella caccia agli ungulati; usare esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari; fare impiego di civette; usare armi da sparo munite di silenziatore o impostate con scatto provocato dalla preda; fare impiego di balestre.
L’art. 30, comma h) punisce con l'ammenda fino a euro 1549 … per chi esercita la caccia con mezzi vietati. La stessa pena si applica a chi esercita la caccia con l'ausilio di richiami vietati di cui all'articolo 21, comma 1, lettera r).

L’interpretazione
Principio generale posto dall’art. 12 è che costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura di fauna selvatica mediante l'impiego dei mezzi di cui all'articolo 13. Si noti però che il testo prosegue stabilendo che Ogni altro modo di abbattimento è vietato, salvo che non avvenga per caso fortuito o per forza maggiore, dal che deve intendersi che la cattura può avvenire in altri modi.
Purtroppo, come risulta dai lavori preparatori della legge, l’art. 13 è stato oggetto di continue modifiche da parte della Commissione incaricata della redazione del testo di legge ed è facile rilevare come esso male si accordi con le altre norme.
L’art. 28 prevede che in caso di certe infrazioni vengano sequestrati i mezzi di caccia; poi qualche onorevole ha avuto un sobbalzo di pietà e ha fatto inserire la precisazione che il cane da caccia e i richiami autorizzati non devono essere sequestrati. La norma così come è scritta sembra dire che cane (quale cane, il cane da pastore che si trova per caso con il cacciatore, anche se chiaramente non è cane da caccia?) e richiami sono mezzi di caccia. In realtà è evidente che l’onorevole voleva dire il contrario e cioè che cani e richiami non rientrano fra i mezzi da caccia.
Più chiaro e coerente l’art. 21 contenente i divieti (e scritto perciò dopo gli altri articoli) in cui si elencano i mezzi vietati già non regolati in via speciale dall’art. 13, dedicato solo alle armi: munizione spezzata nella caccia agli ungulati; esche o bocconi avvelenati, vischio o altre sostanze adesive, trappole, reti, tagliole, lacci, archetti o congegni similari, civette, armi da sparo munite di silenziatore o impostate con scatto provocato dalla preda, balestre, i segugi nella caccia la camoscio. E il successivo art. 30, che elenca le pene, i richiami vietati, vivi o inerti, non li mette correttamente fra i mezzi di caccia, ma li aggiunge solo per assimilazione analogica.
Dall’analisi delle norme si può pertanto concludere che per il legislatore sono mezzi di caccia vietati:
- le armi da fuoco non consentite (si veda armi da caccia)
- le armi ad aria compressa a palla
- la balestra
- armi da sparo munite di silenziatore
- le armi impostate con scatto provocato dal selvatico
- le cartucce a munizione spezzata nella caccia agli ungulati
- esche avvelenate o bocconi avvelenati
- vischio o altre sostanze adesive
- trappole
- reti
- tagliole
- lacci, archetti o congegni similari
- civette
Vi sono poi mezzi di caccia il cui uso è escluso in particolari luoghi; l’art 21 lett. h) vieta utilizzare, a scopo venatorio, scafandri o tute impermeabili da sommozzatore negli specchi o corsi d'acqua. Secondo il legislatore è consentito usarli fuori dell’acqua; forse in una tinozza di vino!
Non sono mezzi di caccia i richiami, anche se di tipo vietato. Unici elementi di disturbo in questa elencazione sono la civetta, la quale è un richiamo e che concettualmente andava elencato fra di essi, ed il segugio nella caccia al camoscio, che non è un mezzo di cattura, ma un mezzo di ricerca. La spiegazione per la civetta è che essa figurava come richiamo consentito per la caccia nell’art. 20 LC 1977 e il legislatore del 1992, per escluderla, l’ha inserita nell’elenco delle cose che voleva espressamente vietare; il che però non cambia la natura della civetta. La medesima cosa è avvenuta per il cane da segugio, inserito fra i divieti, senza preoccuparsi della sua natura, tanto che poi il legislatore ha dovuto preoccuparsi di chiarire, all’art. 28, che il cane comunque non può essere sequestrato.
Se ben si esamina l’elencazione fatta sopra è facile estrapolare la nozione di mezzo di caccia: è mezzo di caccia ogni arma, oggetto, strumento, sostanza, idoneo a uccidere, ledere o catturare un selvatico. Non è mezzo di caccia ciò che serve solo per individuare il selvatico, per richiamarlo (anche se alcuni richiami sono vietati), per adescarlo, per inseguirlo, per “fermarlo”. Per tale motivo è mezzo di caccia il falco e non la civetta. Il furetto non è un mezzo di caccia perché serve per stanare i conigli e non per ucciderli (anche se talvolta il furetto si “assaggia” un coniglio!). Non è mezzo di caccia, ad esempio, un bastone, trattandosi di oggetto generico che non viene certo portato per uccidere animali, ma che solo in via del tutto occasionale può venir utilizzato tale scopo.
In alcuni casi il decidere se una cosa è o meno mezzo di caccia può dipendere dalle circostanze. Se un cane venisse addestrato ad azzannare i caprioli indubbiamente diverrebbe un mezzo di caccia. Sul punto il legislatore, se fosse stato un po’ più esperto e si fosse letto le leggi del passato, avrebbe conservato la nozione di cane da assalto, che ricomprende tutti quei cani, come i levreri, i cani da caccia alla volpe, i cani da tana, utilizzati ed utilizzabili per uccidere il selvatico e che indubbiamente possono diventare mezzi di caccia.
Questa è una mia interpretazione; la Cassazione infatti si sta orientando verso una nozione più restrittiva della nozione di mezzo di caccia inteso come strumento materiale per la caccia, secondo la nozione fornita dall'art. 13 della medesima legge (Cass., 06/10/2000, n. 3089)

Ricordo, ma solo come episodio di triste umorismo giudiziario, che nel 1995 un GIP di Bassano sollevò questione di costituzionalità della legge veneta affermando che in base all’art. 13 LC il cane era sempre mezzo di caccia vietato; e la Corte ha dovuto perdere tempo per rispondergli (Ord. Nr. 95 del 1995)!
Se si abbandona il solido terreno della lettera della legge che regola la vita e non intende crearla, che è uno strumento per raggiungere gli scopi voluti dal legislatore e non da qualche filosofo della natura, si cade nella totale incertezza del diritto. Ed il motivo è semplice: mentre i mezzi di caccia sono limitati ed individuabili, tutte le altre cose sono infinite e non determinabili. Nel momento in cui io vado a caccia, tutto ciò che ho con me, dalla macchina, ai compagni, al vestiario, al cibo, serve per cacciare, ma non è essenziale per la cattura dell'animale, tanto che le stesse identiche cose potrei portarle per fare un'escursione, per fotografare gli animali, per fare il guardacaccia. Quale pazzo si sognerebbe di sostenere che un binocolo è un utile attrezzo sportivo che improvvisamente diviene vietato se viene trovato in mano ad un soggetto che ha intenzione di catturare un animale? La stessa cosa vale per il radiotelefono: esso è uno strumento generico utilizzato dagli escursionisti e il fatto che venga utilizzato da un cacciatore non muta la sua natura e sostanza. Se fossero vere certe affermazioni della Cassazione si giungerebbe a soluzioni a cui di certo non sarebbe giunto neppure il più incallito animalista:
- chi va a caccia dovrà lasciare a casa il cellulare (così utile in caso di incidente) perché può servire esattamente come la ricetrasmittente per avvisare i compagni che c'è un cinghiale in giro.
- il cannocchiale è meglio dimenticarselo perché può servire ad uccidere la selvaggina e la legge non ne parla.
- il cane serve indubbiamente per stanare e braccare la selvaggina e non è previsto tra i mezzi di caccia; è vero che la legge dice che lo sono, ma in altro articolo, diverso da quello sui mezzi di caccia e perciò il cane non è espressamente consentito.
- le civette e le anatre di plastica e simili arnesi servono ad attirare la selvaggina e quindi sono mezzi di caccia non previsti.
- la giacca verde serve per mimetizzarsi e quindi è vietata!

Nel determinare la nozione di mezzo di caccia si deve ora tener presente anche quanto disposto dalla direttiva CE-147/2009 che vieta di usare:
- Lacci, vischio, ami, uccelli vivi accecati o mutilati impiegati come richiamo, registratori, apparecchi fulminanti. Attenzione: il testo italiano della direttiva reca la parola esche al posto di ami; è un errore del traduttore italiano; ed infatti le esche avvelenate sono trattate nel comma successivo. Quindi la pasturazione non è un mezzo di caccia.
- sorgenti luminose artificiali, specchi, dispositivi per illuminare i bersagli, dispositivi ottici equipaggiati di convertitore d’immagine o di amplificatore elettronico d’immagine per tiro notturno;
- esplosivi;
- reti, trappole, esche avvelenate o con tranquillanti;
- armi semiautomatiche o automatiche con caricatore contenente più di due cartucce;
- aerei, autoveicoli;
- battelli spinti a velocità superiore a 5 kmh. In alto mare gli Stati membri possono autorizzare, per motivi di sicurezza, l’uso di battelli a motore con velocità massima di 18 kmh.
Perciò oltre ai mezzi già elencati dal legislatore italiano, il recepimento della direttiva comporta l’espresso divieto dei seguenti ulteriori mezzi di caccia, ferma restando la regola che i mezzi utilizzabili sono solo quelli espressamente consentiti:
- fari e comunque dispositivi che servano a illuminare i bersagli
- visori notturni
- esplosivi; il termine è molto generico e non si capisce bene a che cosa si riferisca. Non dovrebbe riguardare trappole che funzionano utilizzando una cartuccia a salve, come si usano per le talpe perché le cartucce sono sempre distinte dagli esplosivi. Si deve poi intendere che esplosivo deve essere usato per catturare materialmente l’animale o che ne è vietato l’uso anche per farne botti e spaventarlo?
- esche con sostanze tranquillanti: la direttiva parla solo di esche e perciò non vi rientrano le siringhe per addormentare i selvatici
- armi semiautomatiche con serbatoio contenente più di due colpi (norma che integra l’art. 13 LC).
- apparecchi fulminanti: questo oscuro termine inventato dal traduttore italiano, viene chiarito dal testo tedesco in cui si parla di “apparecchi che impartiscono una scarica elettrica”; la direttiva quindi non vieta di infilare un cavo ad alta tensione in un laghetto perché un cavo non è un apparecchio, ma strumenti come il taser o trappole a scarica elettrica o generatori di corrente.
La direttiva stabilisce poi che se si caccia da un battello su acque dolci questo non può viaggiare a più di oltre 5 kmh, ma che i battelli con cui si caccia in alto mare non devono poter superare i 18 kmh. Disposizione misteriosa perché non si comprende se pur potendo arrivare a 18 kmh “per ragioni di sicurezza” debbano egualmente limitare la velocità a 5 kmh durante la caccia oppure se questo limite non si applica. Ma fortunatamente noi non abbiamo il problema di cacciare le foche!

In relazione ai visori notturni, la legge ne vieta l'uso (la direttiva vieta il "fare ricorso") e quindi si potreebbe facilmente sostenere che non è vietato averlo sull'arma di giorno perché non se ne può fare uso (ora, 2016, vi sono in commercio cannocchiali  con un visore di seconda generazione integrato). E' tesi agevolmente sostenibile.

La giurisprudenza
In tema di caccia, l'espressione "esche o bocconi avvelenati", di cui all'art. 21 lett. u) legge 11 febbraio 1992, n. 157, deve essere intesa nel senso che l'aggettivo si riferisce ad entrambi i sostantivi. Infatti, tale interpretazione deriva dalla "ratio" della norma diretta a vietare l'uso di mezzi di cattura insidiosi e crudeli; dall'impianto normativo complessivo ed in particolare dall'esercizio dell'attività venatoria, come definita ed individuata agli artt. 12 e 13 dell'indicata legge n. 157 del 1992, e dagli atti internazionali e comunitari, recepiti ed attuati con i loro allegati nei modi e nei termini previsti dalla citata legge ed in special modo dalla direttiva del Consiglio n. 79/409/CEE del 2 aprile 1979 e successive modificazioni, concernente solo gli uccelli selvatici; e dal la Convenzione di Berna del 19 settembre 1989, resa esecutiva con legge 5 agosto 1981, n. 503, relativa a tutti gli animali, cioè ai mammiferi ed agli uccelli selvatici, cui i divieti, contemplati dall'art. 21 legge n. 157 del 1992, si inspirano. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso avverso sentenza di assoluzione dalla contravvenzione di esercizio continuato della caccia al cinghiale, utilizzando una pasturazione di grano e pane come esca, il P.M., nel censurare l'impugnata sentenza che richiedeva quale ulteriore requisito dell'esca il suo avvelenamento per poter configurare il reato contestato, aveva dedotto che l'esca, essendo un mezzo di caccia teso ad attivare gli animali mediante il cibo per poterli proditoriamente uccidere, è di per sé insidioso e non consono ad una "disciplina sportiva". La S.C. ha precisato che "per i mammiferi l'espressione "esche e bocconi avvelenati" deve essere intesa quale necessità dell'avvelenamento, ivi incluso l'uso di tranquillanti, dell'esca"). *Cass., 21 marzo 1994, n. 6159.
Principi del tutto corretti e vien solo da chiedersi che cosa può spingere un P.M. a fare ricorso per sostenere una tesi così palesemente assurda!
È esercizio venatorio non solo ogni atto diretto all'abbattimento e alla cattura degli animali selvatici, ma anche l'attività prodromica di appostamento e di ricerca della fauna. Ne consegue che il comma quinto dell'art. 13 legge 11 febbraio 1992 n. 157, nel vietare "tutte le armi e tutti i mezzi per l'esercizio venatorio non esplicitamente ammessi" dall'articolo stesso, riferendosi all'esercizio venatorio come sopra definito, comprende tutti quei mezzi che possono essere impiegati per la ricerca della fauna, per braccarla e stanarla. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto non consentito l'impiego dell'apparecchio radioelettrico ricetrasmittente utilizzato dai cacciatori nell'esercizio venatorio al fine di predisporsi in battuta e ricercare più efficacemente la prede da abbattere) *Cass.,. 17 giugno 1994. n. 8332.
Sentenza stravagante che non pone alcun limite logico e naturale alla nozione di mezzo di caccia; diventano tali anche l’auto per recarsi sul posto di caccia, l’amico che aiuta a vedere il selvatico, il telefono che un si porta in tasca e che funziona molto meglio della radiotrasmittente! Anche “l’attività prodromica” è una fantasia della Cassazione.
In materia di caccia la utilizzabilità dei richiami vivi è tassativamente limitata ad alcune specie, nelle quali non sono compresi i fringuelli; così che la caccia con l'uso di fringuelli quali richiami vivi equivale a caccia con mezzi vietati. Ciò in quanto la peppola ed il fringuello sono state escluse dall'elenco delle specie cacciabili dall'art. 2 D.P.C.M. 22 novembre 1995, pertanto anche la cattura a fini di richiamo è vietata dall'art. 4 della legge 11 febbraio 1992 n. 157. *Cass., 1° aprile 1998, n. 1151 e 28 aprile 2000, n. 7756.
La legge vieta e punisce certi tipi di richiami vivi, ma ciò non implica che tecnicamente ci si trovi di fronte ad un mezzo di caccia vietato, che è ciò che serve per l’apprensione materiale del selvatico.
Non è ipotizzabile la contravvenzione prevista dall'art. 30 lett. h) della legge 11 febbraio 1992 n. 157 nel caso di uso di ricetrasmittenti, essendo queste soltanto un mezzo ausiliario all'esercizio della caccia, non rientrante nel divieto di cui all'art. 13. Infatti l'ambito del divieto per i mezzi non previsti, di cui al comma 5 dell' art. 13, deve essere limitato ai mezzi diretti all'abbattimento e non esteso ai mezzi ausiliari all'esercizio della caccia. *Cass., 19 maggio 1999, n. 1920.
Decisione del tutto corretta che ha messo a posto la sciocchezza detta con la sentenza n. 8332/1994
In tema di caccia con il mezzo vietato del richiamo elettroacustico previsto ex art. 21 lett. r) e 30 lett. m) della legge 11 febbraio 1992 n. 157, la estinzione del reato per intervenuta prescrizione non esclude la confisca dei richiami. Infatti il giudizio di pericolosità è contenuto nella stessa norma penale incriminatrice che ne vieta in modo assoluto l'uso e la detenzione. Né si può invocare una diversa e ipotetica utilizzazione della cosa per evitare la confisca. *Cass., 2 luglio 1999, n. 10558.
Decisione del tutto errata che confonde i richiami acustici con le trappole; di queste è vietato l’uso e la detenzione, mentre dei richiami acustici è vietato solo l’uso. E non ci vuole molta fantasia per immaginare diversi usi leciti; come il richiamare uccelli per fotografarli oppure andare a caccia con il richiamo all’estero.
La cattura di uccelli con le mani integra il reato di cui all'art. 30, lett. h), della legge 11 febbraio 1992, n. 157, che punisce l'esercizio della caccia con mezzi vietati, atteso che siffatto mezzo, non essendo compreso fra quelli consentiti tassativamente indicati dall'art. 13 della stessa legge, rientra tra quelli vietati ai sensi del comma 5 di quest'ultima disposizione, che considera tali tutti quelli non espressamente ammessi. *Cass., 13 novembre 2000, n. 139.
Dobbiamo ringraziare chi ha adottato questa decisione perché ha fatto capire a quali limiti di assurdità si può arrivare quando si leggono le norme senza sapere di che cosa si sta parlando. Che la Cassazione scriva che le mani non si possono usare per cacciare perché la legge non le consente, è cosa sconvolgente di fronte a cui l'onesto cittadino inizia veramente a dubitare del proprio equilibrio mentale e comincia a chiedersi se un buco temporale non lo ha trasportato nel pianeta delle scimmie, dove tutto funziona al contrario; naturale conseguenza quando si giudica senza comprendere le norme che si applicano, senza fare un'analisi dei precedenti storico-legislativi, oppure in base a proprie personali convinzioni, con spregio della realtà e del buon senso. Perché se le mani sono un mezzo di caccia, allora lo sono anche i piedi, le scarpe, i bastoni da passeggio, ecc.
Facciamo alcune ipotesi:
Ho sparato ad un fagiano che è a terra ferito; non posso torcergli il collo (uso delle mani), non posso tagliargli la testa (uso di coltello); secondo la Cassazione posso solo sparargli un secondo colpo di fucile; se ho finito le cartucce lo devo lasciare agonizzante sul posto e raccoglierlo solo quando è morto; se è ferito e lo raccolgo con le mani è evidente che caccio con un mezzo proibito
Sono alla ricerca di funghi e di sotto i piedi mi schizza una lepre; chi convincerà il guardacaccia e la Cassazione che non cercavo di catturarla a calci?
Raccolgo dei sassi e mi diverto a vedere quanto lontano li tiro; sarò condannato per caccia alle rondini con mezzi vietati?
Vado a caccia in compagnia di mio figlio che mi aiuta a far uscire i merli dai cespugli; dove sta scritto nella legge che posso farmi aiutare a cacciare da un compagno?
Il mio bambino crede che i merli si prendono con il sale sulla coda; se va nel bosco con un pacco di sale, è in regola? E io risponderò di istigazione a delinquere?
Come può essere che sia reato più grave il raccogliere con le mani un passerotto caduto dal nido, che lo sparare una fucilata dentro al nido? E se raccolgo il passerotto con una paletta, questo è mezzo proibito?
Siccome i mezzi di caccia vietati non possono essere portati in atteggiamento di caccia, che cosa ne faccio delle mani quando vedo un fagiano; me le taglio? Oppure a caccia ci possono andare solo i mutilati?
La nozione di esercizio venatorio rilevante per l'applicazione delle sanzioni penali previste dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157, comprende necessariamente la disponibilità di mezzi idonei all'abbattimento o alla cattura della selvaggina. Ne consegue che la mera disponibilità di un richiamo utile ad attirare pennuti, per quanto lo stesso risulti di genere vietato, non integra la contravvenzione di cui all'art. 21 lett. r) della citata legge n. 157 del 1992 quando, per la mancanza di strumenti utili alla soppressione o all'apprensione degli stessi pennuti, non sia riferibile a persona in atteggiamento di caccia. *Cass., 11 novembre 2003, n.48100 e 27 giugno 2008, n 35418.
Decisione del tutto corretta che ci sorprende solo perché dei PM hanno fatto perdere tempo alla giustizia per sostenere che un tizio non può passeggiare fischiettando come un merlo!
In tema di caccia, integra il reato di cui all'art. 30, lett. h) della legge 11 febbraio 1992 n. 157, chi utilizza per l'esercizio della caccia un furetto senza munirlo di museruola, come previsto anche dalla legge regionale 1 settembre 1997, n. 33 della Regione Sicilia. (La Corte ha osservato che la liceità di utilizzo di mezzi ausiliari, ossia impiegati per ricercare, braccare e stanare la fauna, non esclude il divieto di uso di alcuni mezzi diretti all'abbattimento della selvaggina; in particolare, è vietato dalla legge n. 157 del 1992, l'impiego nell'esercizio venatorio del furetto, carnivoro dei mustelidi, in quanto lo stesso è animale predatore che può stanare la preda solo a seguito di addestramento. *Cass., 22 giugno 2004, n. 37881.
Sentenza corretta in relazione alla normativa regionale richiamata. In altre regioni potrebbe essere non condivisibile per le ragioni sopra dette.
Integra il reato di esercizio della caccia con mezzi vietati (art. 30, comma primo, lett. h), L. 11 febbraio 1992, n. 157), l'uso di un fucile dotato di puntatore laser, in quanto tale strumento rende l'arma più idonea alla cattura diretta degli animali in tempo notturno, e ne diviene parte integrante, sì da non poter essere considerato estraneo all'impiego della medesima quale mezzo diretto di esercizio venatorio. Cass., 9 giugno 2009, n. 28511.
Il caso da esaminare era semplice: se l'applicazione di un mirino laser su di un fucile integri la violazione alla legge della caccia per uso di mezzo di caccia proibito. L'accusa ha invece dato per pacifico che non si potesse ipotizzare il reato di alterazione di arma.La decisione, senza la sfrenata volontà restrittiva, dimostra l'assoluta incompetenza in materia di caccia e armi e la volontà di adattare la legge alla proprie idee, invece di adattare le idee alla legge, come è sempre stato ritenuto ovvio e doveroso. Si tratta di quella famigerata "interpretazione evolutiva", profondamente incostituzionale, cha consentiva ai giudici politicizzati di rinvenire in ogni legge tutto ciò che faceva piacere ad essi, anche se il legislatore e il parlamento mai si sarebbero immaginati tale risultato. La legge sulla caccia, all'art. 13 ha stabilito quali sono i mezzi di caccia consentiti indicando quali sono i tipi di fucile e loro calibri ammessi, oltre all'arco e al falco. Non si è occupato degli accessori per le armi perché era ovvio per tutti che sul fucile uno ci può mettere ogni accessorio che non sia vietato dalla legge sulle armi. Ed infatti neppure al più bieco animalista della Cassazione è mai venuto in mente di sostenere che sul fucile non ci si può mettere il cannocchiale. E allora perché mai dovrebbe essere vietato, ad es, un mirino a punto rosso, o un rompifiamma o uno strozzatore? Non sono vietati, come ogni altro accessorio; se i giudici avessero avuto la bontà di leggeri la legge sulla caccia, avrebbero visto all'art. 21 lett. u) che l'unico accessorio che è vietato montare su di un fucile è il silenziatore; a contrario vuol dire che ogni altro accessorio è consentito. Non sono vietati e ciò è tanto vero che la stessa sentenza, dopo una sparata sul fatto che in materia di caccia tutto ciò che non è consentito è vietato (strano, a me pareva che un principio generale costituzionale affermare il contrario!), si salva in corner aggrappandosi alla direttiva europea 79/1979 e ci trova ciò che nella direttiva proprio non c'è! La direttiva stabilisce il divieto A TUTELA DEGLI UCCELLI di usare "sorgenti luminose artificiali, specchi, dispositivi per illuminare i bersagli, dispositivi ottici equipaggiati di convertitore d' immagine o di amplificatore elettronico d 'immagine per tiro notturno"e qualsiasi persona che parla come mangia capisce che cosa vuol dire: non si possono cacciare uccelli con fari e visori notturni . La Cassazione invece, ad un povero cristo che non cacciava uccelli, ma cinghiali, che non cacciava di notte, ma in pieno giorno, gli dice: "delinquente, ma come fai a non sapere che il puntatore laser è uno strumento di illuminazione?", e lo condanna. Dire che un puntatore laser è uno strumento di illuminazione, sostenere che esso è vietato anche di giorno, significa stravolgere la logica umana e giuridica. Condannare uno per aver usato a caccia "uno strumento di illuminazione", di giorno e contro un cinghiale, significa confondere il diritto con vuote formule letterali e dimenticarsi della giustizia. Fermo restando che per andare a caccia con un puntatore laser bisogna essere degli sciocchi e che se la legge li vietasse davvero, farebbe cosa buona.
L'autovettura utilizzata per l'esercizio della caccia, con il supporto illecito di un faro alogeno montato su di essa, non è soggetta a confisca in quanto, privata del faro aggiuntivo, costituisce uno strumento destinato principalmente ad un uso diverso e in sé lecito. (V. Corte cost., sent. n. 95 del 1995) . *Cass., 9 giugno 2009, n. 35705.
Massima corretta la quale esclude che l’auto possa divenire un mezzo di caccia, salvo che qualcuno si specializzi in safari per uccidere selvatici travolgendoli con l’auto!
In tema di reati venatori, tra i mezzi vietati il cui impiego integra la fattispecie prevista dall'art. 30, lett. h, l. 11 febbraio 1992, n. 157 rientra anche l'uso di richiami vivi (nella specie, volatili) non identificabili mediante anello inamovibile. Cass. n. 7949 del 20/09/2012
In tema di esercizio della caccia con mezzi vietati, per l'integrazione del reato di cui agli artt. 21 e 30 della legge n. 157 del 1992, è sufficiente che il congegno posseduto da chi è in atteggiamento di caccia (nella specie, un richiamo acustico a funzionamento elettromagnetico) sia in grado di funzionare, potendo la punibilità essere esclusa solo per inidoneità della condotta, con conseguente configurabilità del reato impossibile, qualora l'apparecchio sia del tutto inservibile ai fini venatori, essendone precluso in senso assoluto il funzionamento anche attraverso eventuali accorgimenti o interventi tecnici di ripristino. Cass. n. 14431 del 19/09/2013
Integra il reato di esercizio della caccia con mezzi vietati, a norma dell'art. 30, comma primo, lett. h), della legge 11 febbraio 1992, n. 157, anche l'uso dei fari alogeni, se funzionalmente destinato ad attrarre nell'area di tiro gli esemplari di fauna da abbattere, in quanto nell'esercizio venatorio rientrano sia gli atti diretti all'abbattimento della selvaggina, sia l'attività prodromica di appostamento e ricerca della preda. Cass. n. 36718 del 17/04/2014.


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